Lavoratrici madri. Esonero contributivo legge di bilancio 2024. News 003/2024
Datori di lavoro e professionisti sono pronti ad applicare, a partire dalle buste paga di febbraio, l’esonero contributivo introdotto dalla legge di Bilancio 2024 in favore delle lavoratrici madri di almeno due figli che siano occupate a tempo indeterminato.
L’agevolazione
La legge di Bilancio 2024 (legge n. 213/2023) ha infatti introdotto uno sgravio totale dei contributi a carico delle lavoratrici che, nel periodo ricompreso dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026, soddisfino il requisito richiesto dalla citata disposizione, vale a dire risultino essere madri di tre o più figli, di cui il più piccolo abbia un’età inferiore a 18 anni.
Per il solo anno 2024, il medesimo beneficio spetta altresì in favore delle lavoratrici che risultino essere madri di due figli, di cui il più piccolo abbia un’età inferiore a 10 anni.
L’esonero è applicabile anche in situazione di figli in adozione o affidamento.
L’esonero è pari, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, al 100% della contribuzione previdenziale a carico della lavoratrice, nel limite massimo di 3.000 euro annui, da riparametrare e applicare su base mensile, anche nelle ipotesi di rapporti di lavoro part-time, pur sempre a tempo indeterminato e di rapporti di apprendistato, in virtù della sua equiparazione al contratto a tempo indeterminato con carattere formativo.
Viene prevista anche la compatibilità con altri rapporti, nel senso che l’esonero in trattazione deve intendersi riferito a ciascun rapporto di lavoro, e può quindi essere riconosciuto da più datori di lavoro, al ricorrerne delle condizioni, in ipotesi di contratti contemporanei tra loro.
Obbligo di comunicazione della lavoratrice
Le lavoratrici che, in base ai requisiti previsti dalla norma, hanno diritto all’esonero debbono comunicare al proprio datore di lavoro la volontà di fruire della misura in oggetto. Il fac-simile di comunicazione da utilizzare può essere scaricato al seguente link: https://www.studioleandroguidi.it/?wpfb_dl=130
È, in particolare, necessario comunicare i codici fiscali dei figli al fine di comprovare la sussistenza del diritto all’esonero (senza i quali l’Inps procede alla revoca del beneficio con eventuale restituzione di quanto già eventualmente fruito a tale titolo).
In alternativa la dipendente può anche effettuare la comunicazione di cui sopra direttamente all’inps, avvalendosi di un apposito applicativo che sarà messo a disposizione dall’Inps. In tal caso dovrà comunque fornire prova al datore di lavoro dell’avvenuta comunicazione.
Nuove misure fiscali per welfare aziendale anno 2024 – News 002/2024
Limitatamente al periodo d’imposta 2024, in deroga a quanto previsto dall’articolo 51, comma 3, prima parte del terzo periodo, Tuir, non concorrono a formare il reddito, entro il limite complessivo di 1.000 euro, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, delle spese per l’affitto della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa. Il limite è elevato a 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 12, comma 2, Tuir. Si considerano, nello specifico, fiscalmente a carico i figli che abbiano un reddito non superiore a 4.000 euro, ovvero a 2.840,51 euro nel caso di figli di età superiore a 24 anni.
La condizione a cui è subordinato il limite più elevato è soddisfatta anche qualora il figlio sia a carico ripartito con l’altro genitore nonché qualora il lavoratore non benefici della detrazione fiscale per il figlio a carico in ragione del riconoscimento (in relazione al medesimo figlio) dell’assegno unico e universale per i figli a carico.
Il maggior limite pari a 2.000 euro si rende applicabile a condizione che il lavoratore dipendente dichiari al datore di lavoro di avervi diritto, indicando il codice fiscale dei figli.
I datori di lavoro provvedono all’attuazione del presente comma previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie laddove presenti.
Fonte: Ipsoa
Esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti anno 2024 – News 001/2024
Per il periodo dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, per i rapporti di lavoro dipendente, con esclusione dei rapporti di lavoro domestico, è riconosciuto un esonero, senza effetti sul rateo di tredicesima, sulla quota dei contributi previdenziali ivs a carico del dipendente del 6%, a condizione che la retribuzione imponibile, parametrata su base mensile per 13 mensilità, non ecceda l’importo mensile di 2.692 euro, al netto del rateo di tredicesima. L’esonero è incrementato, senza effetti sul rateo di tredicesima, di un ulteriore 1%, a condizione che la retribuzione imponibile, parametrata su base mensile per 13 mensilità, non ecceda l’importo mensile di 1.923 euro, al netto del rateo di tredicesima.
Fonte: Ipsoa
Whistleblowing. Nuovi adempimenti per le aziende dal 17 Dicembre – News 014/2023
Le imprese che hanno occupato nel corso dell’anno precedente almeno 50 dipendenti sono tenute ad adempiere agli obblighi in materia di whistleblowing entro il 17 dicembre. Il D.Lgs n. 24/2023 infatti richiede di attivare un canale o di rendere disponibile una piattaforma attraverso la quale i propri dipendenti possano comunicare in modo anonimo e protetto gli eventuali illeciti e, di conseguenza, possano essere gestite e prese in carico le relative segnalazioni pervenute alla società.
Ambito di applicazione e modalità di computo dei cinquanta lavoratori.
Come disposto dall’art. 2, lett. q) del D.Lgs. n. 24/2023, si ritengono assoggettate all’obbligo di adempimento in materia di whistleblowing le aziende che:
- a) abbiano occupato, nel corso dell’anno precedente, una media di almeno cinquanta lavoratori (inclusi i soggetti assunti con contratto di lavoro a tempo determinato);
- b) pur non avendo raggiunto il requisito dimensionale, operino in determinati settori, ritenuti sensibili (es. bancario, credito, assicurativo) oppure si qualifichino come Pubblica Amministrazione;
- c) pur avendo occupato meno di cinquanta lavoratori nel corso dell’annualità precedente, rientrino nell’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2001 e adottino un modello di organizzazione, gestione e controllo (MOG).
In effetti il D.lgs n. 24/2023 dispone come sia necessario fare riferimento all’anno solare precedente a quello in corso, salvo per qui datori di lavoro di nuova costituzione per i quali si dovrà considerare il periodo di “nascita” degli stessi. Banalmente, per l’anno in corso, considerando la scadenza al 17 dicembre dovrà considerarsi il 2022, in quanto annualità precedente rispetto a quello di entrata in vigore della norma.
Secondo l’Autorità Nazionale Anticorruzione il calcolo dovrà effettuarsi per teste, considerando il numero di addetti a prescindere dall’effettiva durata dei rapporti di lavoro e/o dal concetto di part time (o di apprendisti che, diversamente, potrebbero ritenersi esclusi dalla base di computo della disciplina in trattazione).
Adempimenti del datore di lavoro in materia di whistleblowing
L’obbligo introdotto dal D.Lgs n. 24/2023 impone, nei confronti delle aziende di cui sopra, la necessità di attivare un canale o di rendere disponibile una piattaforma attraverso la quale i propri dipendenti (o, più in generale, i lavoratori) possano comunicare in modo anonimo e “protetto” gli eventuali illeciti e, di conseguenza, possano essere gestite e prese in carico le relative segnalazioni pervenute alla società.
Il canale, che deve disporre di determinate caratteristiche e requisiti tecnici, al fine di garantire la riservatezza dei dati trattati e la tutela della privacy dei lavoratori “segnalanti”, può essere alternativamente gestito:
– da una persona o da un ufficio interno alla società, con personale specificamente formato a ricevere le segnalazioni prodotte;
– da un soggetto esterno, anch’esso autonomo e formato.
Oltre a gestire in senso stretto le segnalazioni pervenute, gli addetti alla piattaforma sono altresì tenuti:
– a fornire delle informazioni chiare, puntuali ed accessibili (in un luogo aziendale oppure sul sito internet della Società) in merito all’esistenza della piattaforma e alle procedure da seguire per effettuare le dovute segnalazioni. Le informazioni dovranno quindi, ai fini dell’applicazione della norma in esame, essere affisse in un luogo accessibile ai dipendenti, come una bacheca, oppure dovranno essere pubblicate e rese note sul sito web dell’azienda in modo tale che siano consultabili ed accessibili alla platea di lavoratori;
– a rilasciare una ricevuta di ricezione della segnalazione al soggetto interessato entro sette giorni;
– a fornire un adeguato riscontro alla segnalazione ricevuta entro tre mesi dall’avviso di ricezione o, in sua assenza, entro tre mesi e sette giorni dalla sua presentazione;
– conservare le segnalazioni per il tempo necessario al trattamento della segnalazione e, in ogni caso, non oltre i cinque anni dalla data di esito/riscontro.
Per quanto attiene al carattere delle segnalazioni, queste devono riguardare la sospetta violazione di disposizioni normative nazionali o comunitarie che siano idonee a ledere “l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato”, oltre ad ulteriori comportamenti lesivi di un interesse o di un diritto legittimamente riconosciuti.
In generale, l’art. 2 definisce segnalabili tutti quei comportamenti di cui il lavoratore viene a conoscenza con riferimento al contesto lavorativo che viene definito ed individuato nelle “attività professionali (…) attraverso le quali una persona acquisisce informazioni sulle violazioni e nel cui ambito potrebbe rischiare di subire ritorsioni in caso di segnalazione”.
Anche per tale ragione, a poter effettuare segnalazioni non sono solamente i lavoratori subordinati ma, come illustrato dall’art. 3, vengono ricompresi nel novero dei potenziali “whistleblowers” anche i lavoratori autonomi, i collaboratori, i liberi professionisti ed i consulenti, i volontari e i tirocinanti (retribuiti e non), gli azionisti e le persone con funzioni di amministrazione e controllo, ampliando così notevolmente la platea di soggetti cui è rivolto il canale di segnalazione e le relative tutele.
A titolo esemplificativo, le tutele che il Legislatore riserva alla categoria dei cosiddetti “whistleblowers”, individuate nell’art. 17 del decreto legislativo, si estrinsecano nel divieto, strettamente legato alla presenza di segnalazioni:
– di licenziare o sospendere il lavoratore;
– di retrocederlo o di non promuoverlo, per le sole ragioni legate alla presenza di segnalazioni;
– di discriminarlo o di corrispondergli un trattamento meno favorevole;
– di emettere, nei suoi confronti, note di merito negative o referenze negative.
Ovviamente tali azioni sono idonee a qualificarsi come ritorsive solo laddove sia presente un effettivo collegamento con la qualifica di whistleblower” del lavoratore e deve dunque esse presente un nesso di causa effetto con il provvedimento o il trattamento adottato da parte della società e il fatto che il lavoratore abbia usufruito del canale a disposizione per effettuare segnalazioni.
Per quanto attiene all’onere probatorio, il segnalante deve dimostrare di aver effettuato una comunicazione sul canale o piattaforma messa a disposizione dell’azienda e, al contempo, dimostrare di aver subito un danno. Sarà poi, in concreto, il datore di lavoro a dover dimostrare che le condotte o il provvedimento adottato siano da imputarsi a cause esterne e diverse rispetto a quelle oggetto di applicazione della norma in esame.
Sanzioni
Fonte: Ipsoa
Autorizzati gli aiuti di Stato per assunzione percettori reddito di cittadinanza – News 012/2023
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha comunicato che la Commissione Europea, nella seduta del 31 ottobre 2023 ha approvato l’Aiuto di Stato finalizzato alla promozione dell’inserimento stabile nel mercato del lavoro dei beneficiari del Reddito di cittadinanza, ex art. 1, c. 294 e ss., della L. n. 197/2022, Legge di Bilancio 2023 (ML comunicato 3 novembre 2023).
Ai datori di lavoro privati che dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023 assumono i percettori del reddito di cittadinanza con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (ovvero, che trasformano i contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato) è riconosciuto, per un periodo massimo di 12 mesi, l’esonero dal versamento del 100% dei complessivi contributi previdenziali.
Sono esclusi i premi e contributi dovuti all’INAIL per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Il limite massimo di importo dello sgravio è pari a 8.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile.
Si è in attesa delle relative istruzioni operative Inps per il recupero della relativa contribuzione.
Fonte: Ipsoa