Jobs Act – D.Lgs 81/2015. Modifiche a collaborazioni a progetto e associazioni in partecipazione – News 019/2015
Non c’è dubbio che per le nuove collaborazioni coordinate e continuative (senza progetto, quindi) risulti fondamentale il potere sostanziale del lavoratore determinare il luogo e il tempo della prestazione. Si ricorda infatti che lo stesso Dlgs 81/2015, all’art. 2, ha introdotto le cosiddette collaborazioni organizzate dal committente, alle quali si applica direttamente la disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Tale articolo prevede infatti l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato per tutte le collaborazioni che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro (in base alla formulazione della norma, per determinare la riconduzione al lavoro subordinato tali requisiti devono essere tutti presenti).
Particolare importanza quindi assumerà l’effettiva assenza di subordinazione, con un conseguente e rafforzato requisito di autonomia da parte del collaboratore.
Dunque al rapporto di collaborazione continuativa si applicherà la disciplina del lavoro subordinato se la prestazione sarà “esclusivamente personale” e se le modalità di esecuzione saranno organizzate dal committente anche con riferimento ai “tempi e al luogo di lavoro”.
Più significativo, invece, appare il richiamo alle “modalità di esecuzione” delle prestazioni che nel lavoro autonomo – al di là del naturale coordinamento tra le parti – non possono essere organizzate dal committente specie per quel che concerne i tempi e il luogo di lavoro. Quindi, l’organizzazione dei tempi e del luogo di lavoro che in passato era indice sintomatico della subordinazione, con le nuove disposizioni, se riscontrata, fa scattare le medesime tutele dei lavoratori subordinati.
La nuova tutela stabilita dall’articolo 2 trova applicazione anche alle forme di collaborazione svolte da titolari di partita iva, fermo restando le esclusioni di cui alle collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali.
Ai sensi dell’art. 54 del decreto, a decorrere dal 1° gennaio 2016 i datori di lavoro privati che procedono all’assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di soggetti già parti di contratti di collaborazione anche a progetto o di soggetti titolari di partita IVA con cui
abbiano intrattenuto rapporti di lavoro autonomo, godono di un beneficio consistente nella estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi alla eventuale erronea qualificazione del rapporto di lavoro, fatti salvi gli illeciti accertati a seguito di accessi ispettivi effettuati in data antecedente alla assunzione.
Tuttavia, il datore di lavoro può godere di tale beneficio a condizione:
a) che i lavoratori interessati alle assunzioni sottoscrivano, con riferimento a tutte le possibili pretese riguardanti la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro, atti di conciliazione in una delle sedi di cui all’articolo 2113, comma 4, del codice civile, o avanti alle commissioni di certificazione;
b) che nei dodici mesi successivi alle assunzioni lo stesso datore non receda dal rapporto di lavoro, salvo che per giusta causa ovvero per giustificato motivo soggettivo (quindi, non è consentito nei 12 mesi successivi l’assunzione, il recesso per motivi economici).
Pertanto, la “stabilizzazione” delle collaborazioni autonome o delle c.d. partite IVA comporta per il datore di lavoro la sanatoria (estinzione) di tutti gli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali che potrebbero derivare dalla erronea qualificazione dei rapporti in questione. Tale sanatoria opera se il lavoratore sottoscrive un verbale di conciliazione in sede assistita avente ad oggetto ogni possibile pretesa afferente alla qualificazione del rapporto (comprese, quindi, le rivendicazioni relative alla cessazione del rapporto), e se il datore non effettua un licenziamento, salvo che per motivi disciplinari. Verificatesi queste condizioni, l’azienda rimane tutelata sia nei confronti degli Enti che del contenzioso azionabile dai singoli dipendenti.
L’art. 53 del decreto ha innovato inoltre la nozione di associazione in partecipazione, modificando il secondo comma dell’art. 2549 c.c., e stabilendo che se l’associato è una persona fisica il suo apporto “non può consistere, nemmeno in parte, in una prestazione di lavoro”.
Dunque in base alla nuova disciplina sono vietati i contratti di associazione in partecipazione nei quali l’apporto dell’associato persona fisica consiste, in tutto o in parte, in una prestazione di lavoro, mentre quelli già in essere rimangono in vigore “fino alla loro cessazione”.
(per maggiori dettagli si rinvia alla news 014/2015: https://www.studioleandroguidi.it/news/associazione-in-partecipazione-addio-news-0142015/)
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